lunedì 24 agosto 2015

Dalle roulotte all'impero finanziario e immobiliare: chi sono i Casamonica

I funerali sfarzosi celebrati giovedì scorso per Vittorio Casamonica, il Boss del clan dalle origini Sinti, ha acceso i riflettori su di loro

Vigili urbani che danno il consenso al passaggio del corteo chiudendo le strade; il Prefetto che non vieta il funerale di un Boss (benché ormai da prassi i funerali dei Boss vengano fatti celebrare alle 6 del mattino per evitare sfarzi e messaggi indiretti); un elicottero che vola senza autorizzazione per lanciare petali (ma che avrebbe potuto tranquillamente sganciare bombe in qualsiasi punto della città); la Chiesa che celebra la messa ma rifiutò di celebrarla al povero Piergiorgio Welby, che ebbe come unica colpa quella di scegliere l'eutanasia per porre fine alla propria condizione di vegetale. Questo e altro è stato il funerale-vergogna celebrato giovedì scorso per Vittorio Casamonica, boss dell'omonimo clan di origine Sinti (un'estrazione Rom) insediatosi a Roma negli anni '70. Decennio dal quale ha iniziato la propria scalata finanziaria e immobiliare. Ma chi sono questi Casamonica?

ORIGINE DEI CASAMONICA - Il nome Clan dei Casamonica prende origine dalle famiglie Casamonica e Di Silvio, famiglie di sinti stanziali, originari dell'Abruzzo e giunti da Pescara nella Capitale negli anni settanta. I Sinti sono una delle etnie che compongono la popolazione romaní, altrimenti chiamati zingari. Probabilmente si tratta della parola persiana sindh, che indicava l'attuale Pakistan e per estensione tutta l'India, che, attraverso l'arabo è giunta in Europa con queste popolazioni. In Europa e anche in Italia arrivarono tra la fine del XIV secolo e il XV secolo. Oggi sono stanziati soprattutto nei paesi dell'Europa occidentale (Germania, Francia, Spagna, Italia).
La storia recente dei Sinti è analoga a quella della popolazione Rom: furono perseguitati in tutti i paesi europei subendo di volta in volta pratiche di inclusione (schiavizzazione nei paesi dell'Est Europa) e in particolare in Romania (schiavitù abolita solo dopo il 1850), esclusione (cacciata dai territori) e discriminazione. Il nazismo riservò ai Rom e Sinti lo stesso trattamento riservato agli ebrei, ai testimoni di Geova e agli omosessuali. Essi furono deportati in campi di concentramento. Si stima che circa 500.000 Rom-Sinti trovarono la morte nei campi di sterminio durante il Porajmos.
Tradizionalmente i Sinti hanno esercitato l'attività del giostraio e del circense, tra i più famosi circensi italiani di origine sinti c'è Moira Orfei e la sua famiglia. Anche la seconda famiglia circense più famosa d'Italia, i Togni, è di origine sinti. Molto diffusi sono anche lavori stagionali, come nei campi o nella ristorazione. C'è anche chi vive di espedienti, chiedendo l'elemosina.
I sinti parlano la lingua romaní e utilizzano nei diversi gruppi alcuni dialetti.
Negli anni i Casamonica si sono imparentati con altre dinastie italo-rom quali i Cena, i De Rosa, i Di Guglielmo, i De Rocca, i Laudicino e gli Spinelli.

LE ATTIVITA' - Il clan è presente in molti settori commerciali ed economici, tra cui edilizia e immobiliare, gestione di ristorazioni e stabilimenti balneari, investimento di capitale in società. Le attività illegali in cui è coinvolto il clan sono l'usura con interessi dal 200% al 300%, traffico di stupefacenti nei paesi comunitari di Germania, Spagna, Paesi Bassi e Italia, influenza su elezioni comunali nel Lazio e sul sistema politico a livello regionale, gestione di eventi festivi e non nel litorale capitolino. Si hanno notizie di collaborazione del clan dei Casamonica con l'ex cassiere della banda della Magliana, Enrico Nicoletti, il quale "vende" al clan i debitori insolventi al fine di riscuotere i crediti.
Il 25 marzo 2010 viene scoperto un sodalizio tra Pietro D'Ardes, Rocco Casamonica e affiliati alla 'Ndrangheta dei Piromalli-Molè e Alvaro per il riciclaggio dei proventi illeciti e costituzione di società (15 sequestrate) per la partecipazione ad appalti pubblici.
Secondo la Direzione Investigativa Antimafia è la struttura criminale più potente e radicata del Lazio con un patrimonio stimato di 90 milioni di euro. Secondo un censimento di Vittorio Rizzi, capo della squadra mobile di Roma, il clan è composto da circa 350 membri e da almeno un migliaio di affiliati. Inoltre risultano essere proprietari di un migliaio di appartamenti.
I Casamonica si sono alleati con le 'ndrine calabresi dei Piromalli, Molè e Alvaro per la gestione dei rifiuti in Campania, un giro d'affari da 40 milioni di euro.
Secondo l’analisi della Dia, i «rom de Roma» dall’imponente potere economico, vivono in abitazioni lussuose, si spostano in auto di grossa cilindrata, hanno consistenti conti correnti, e soprattutto investono ogni provento illecito nel settore immobiliare. Negli ultimi maxi-sequestri, nonostante le dichiarazioni dei redditi dei Casamonica sfiorino la soglia di povertà, la Dia ha messo i sigilli a beni per un valore di oltre 85milioni di euro, ha confiscato terreni edificabili, ville con palme e piscine, stabili sul golfo degli Aranci, 33 cavalli da corsa, oltre 200 conti correnti e 75 autovetture di lusso, tra cui Ferrari, Rolls Royce, Bentley, decine di Bmw e Mercedes. Ad uno dei patriarchi rom, la struttura investigativa antimafia ha poi requisito una villa in costruzione di venti stanze (1500 metri quadrati) «difesa» da microcamere che rimandavano le immagini su schermi al plasma piazzati in cucina, in camera da letto, nella toilette. Va anche detto, però, che a forza di ricorsi e controricorsi, molti dei beni sequestrati in corso d’opera sono tornati nella disponibilità dei titolari.
Seguendo i flussi finanziari della holding criminale, la Dia è finita nel Principato di Monaco dove ha individuato una società sospetta (ritenuta la «cassaforte» del clan) terminale dei milioni di euro frutto di attività riconducibili al narcotraffico. L’ultimo assalto alla Famiglia l’ha portato il 10 aprile scorso la Dda di Roma arrestando quattro componenti dell’organizzazione sulla scia di un’analoga inchiesta della procura di Viterbo. All’origine degli accertamenti, la denuncia di un imprenditore ripetutamente minacciato di morte («o paghi, o la tua vita finisce qui») per un prestito di 40mila euro lievitato in pochi mesi, con interessi stellari, a 200mila euro.

VARI PROVVEDIMENTI GIUDIZIARI - Alle cronache i Casamonica si affacciano negli anni Ottanta quando sei componenti della famiglia finiscono dentro per aver taglieggiato un commercialista. Successivamente vengono tirati in ballo per il sequestro della moglie di un ingegnere elettronico avvenuto a Marino, ai Castelli romani.
Ma il primo, durissimo, colpo, il clan lo incassa nei primi anni Novanta col sequestro di un gigantesco parco-auto con vetture di prestigio avendo messo le mani, prima degli altri, sul mercato delle «importazioni parallele» e il business sull’Iva non pagata. A ruota seguono una serie di misure di prevenzione; nel 1995 per un miliardo di lire (certificati di deposito e gioielli) e nel 1996 per oltre cinque miliardi (frutto di estorsioni e truffe col bancomat). La pressione degli organi investigativi si fa più incalzante nel 1998 quando la Sezione Narcotici diretta dal mitico Francesco Di Maio irrompe nel residence di Casal Morena, arredato pacchianamente come le ville dei Soprano, per arrestare il ricercatissimo Giuseppe nascosto in garage tra due Ferrari.
Il gioco a guardie e ladri non si ferma praticamente mai. Ogni anno qualcuno del clan fa parlare di sé, anche solo se si tratta di picchiare i vigili urbani per evitare l’abbattimento di ville abusive al rione Osteria del Curato. Si parla molto dei Casamonica quando l’Interpol rintraccia Raffaele Purpo, detto «il mafia», considerato il collettore del narcotraffico per i nomadi romani. Quando Guerino finisce in manette mentre chiede il pizzo alla responsabile dello spettacolo estivo «Dietro le mura». Quando Raffaele, latitante per reati d’usura, viene arrestato a Praga dove s’era rifugiato insieme ai figli sottratti alla madre. O quando l’ultimo della serie, Claudio, a febbraio è costretto a ridimensionare le mire espanionistiche della famiglia nella Tuscia: i carabinieri lo braccano e lo intercettano per mesi. In conferenza stampa diranno: «Era un capoclan». L’ennesimo.
A gennaio del 2012, a seguito di una maxi operazione di polizia e carabinieri a Roma contro lo spaccio di sostanze stupefacenti, sono stati arrestati 39 esponenti del clan e sequestrati beni per milioni di euro. In questa occasione, per la prima volta nella loro storia criminale, è stata formalizzata l'imputazione di associazione per delinquere nei confronti di alcuni esponenti della banda. Nello stesso periodo vengono sequestrati 5 milioni di euro tra ville, terreni, auto di lusso, orologi e conti correnti.

L'IMPERO IMMOBILIARE – A parte le ville, le statue romane in salotto, i rubinetti d’oro in bagno e le piscine in giardino, i Casamonica controllerebbero decine di appartamenti nella Capitale. A pochissimi giorni dalla decisione del Consiglio dei ministri in merito all’eventuale scioglimento del Campidoglio per le infiltrazioni prodotte da Mafia Capitale, il timore che circola in Comune è che i casi di appartamenti dati al clan siano, sussurra chi lavora negli uffici, «trenta-quaranta, ma stiamo parlando di un numero arrotondato per difetto». In zone periferiche (Spinaceto) ma anche in altre considerate più alla moda, come il Pigneto. Ma non solo: dal Pigneto, le case date ai Casamonica sarebbero sparse per tutta la zona della Casilina, che poi corre parallela alla Tuscolana, cioè la strada percorsa dal clan per trasportare il feretro di «zio Vittorio» fino alla parrocchia dei funerali, in piazza Don Bosco.
Così, adesso, il Campidoglio decide di controllare anche i Casamonica, per le case eventualmente assegnate loro negli anni passati e anche per altro, i terreni sui quali sono state costruite le ville, i permessi, i vincoli, i condoni, gli allacci dell’elettricità, insomma tutto: «Non possiamo rimanere nel limbo dell’incertezza — racconta Esposito — perché se c’è una cosa che ho capito con l’esperienza di Ostia è che niente è come appare».
I controlli, dunque — con una task force costituita per l’occasione, trenta vigili urbani sul posto e Guardia di finanza eventualmente pronta a specifiche verifiche — partiranno dagli elenchi delle case assegnate dal Campidoglio ma poi si estenderanno al resto, fino agli abusi edilizi. Del resto proprio alla Romanina, nel 2010, nel quartiere generale del clan, scattarono i sigilli per un area di quattromila metri quadrati: il vincolo era doppio, archeologico e paesaggistico, ma erano state costruite la residenza principale, venticinque monolocali abitabili, una piscina e un campo sportivo. «Noi dobbiamo far scattare i controlli — dice Esposito — e appurare la verità in poche settimane. Questa è una giunta di secchioni ma se non impara a dare qualche schiaffo finisce che li prende e basta».

RAPPORTI CON LA POLITICA - Alla vigilia delle elezioni comunali di Roma del maggio/giugno 2013, viene pubblicata su alcuni giornali nazionali e regionali una foto che riprende il candidato e sindaco uscente Gianni Alemanno con Luciano Casamonica, incensurato ma ritenuto uno dei boss del clan. La foto fu scattata nel settembre 2010 durante una cena nel centro di accoglienza Baobab, cena organizzata da alcune cooperative sociali impegnate nell'inserimento di detenuti e persone svantaggiate. La foto fu usata tramite i media da molti esponenti politici di sinistra, compreso il concorrente alla carica di sindaco Ignazio Marino, per criticare Alemanno, il quale pochi giorni dopo la pubblicazione di vari articoli di critica diffuse un comunicato chiarendo che a quella cena erano presenti anche l’ex capogruppo del PD Umberto Marroni con suo padre Angiolo, garante dei detenuti della Regione Lazio, Daniele Ozzimo, consigliere capitolino del Pd, e Giuliano Poletti, Ministro del Lavoro del Governo Renzi, allora Presidente nazionale della LegaCoop. Gli Ozzimo e Marroni verranno poi coinvolti nello scandalo Mafia Capitale.

CHI ERA VITTORIO CASAMONICA - Vittorio Casamonica era arrivato nella Capitale negli anni '70 avvicinandosi alla Banda della Magliana e al suo cassiere Enrico Nicoletti per il quale era diventato addetto al recupero crediti consolidando negli anni un impero partito con il commercio di cavalli, costruito col racket e tassi di usura dal 200 al 300%, col traffico di droga in mezza Europa e infine ripulito attraverso il settore immobiliare e quello automobilistico. Verrà poi assolto da decine di accuse di sequestro di persona. Nel 2004 a casa sua sono stati rinvenuti reperti archeologici vecchi di 2500 anni e di provenienza ignota.

Roma ancora una volta umiliata e derisa dal Mondo. Capitale che è specchio fedele di un Paese ormai senza più dignità.


Nessun commento:

Posta un commento