domenica 22 luglio 2012

FEDERICO ALDROVANDI, UCCISO 3 VOLTE


IL RAGAZZO, ALLORA 18ENNE, FU MASSACRATO DI BOTTE DA 4 POLIZIOTTI NEL 2005. I QUALI PERO’ NON ANDRANNO MAI IN CARCERE SEPPUR CONDANNATI. INOLTRE LO HANNO OFFESO DI RECENTE SU FACEBOOK

La Giustizia italiana da’ ancora una volta prova della propria assurdità e inefficacia, producendo ingiustizie più che soddisfacenti condanne. Molti i casi di cittadini massacrati ingiustamente dalle forze dell’ordine, tanto in strada quanto in carcere, per i quali i familiari si battono almeno per onorarne il nome. Purtroppo però quasi sempre inutilmente. Tra questi Federico Aldrovandi è stato ucciso 3 volte. La seconda perché non ha ottenuto una giusta giustizia e la terza perché è stato perfino offeso (assieme ai genitori) su Facebook da chi lo ha ucciso.

I FATTI - La notte del 25 settembre 2005 Aldrovandi decise di tornare a casa a piedi dopo aver trascorso la serata al locale Link di Bologna. Durante la nottata il giovane assunse sostanze stupefacenti (si tratta comunque di "quantità irrisorie e sufficienti a procurare uno sballo leggero e di breve durata") e alcol. Nei pressi di viale Ippodromo a Ferrara circolava, in quegli stessi minuti, la pattuglia "Alfa 3" con a bordo Enzo Pontani e Luca Pollastri. Quest'ultimi descrivono l'Aldrovandi come un "invasato violento in evidente stato di agitazione", sostengono di "essere stati aggrediti dallo stesso a colpi di karate e senza un motivo apparente" e chiedono per questo i rinforzi. Dopo poco tempo arriva in aiuto la volante "Alfa 2", con a bordo Paolo Forlani e Monica Segatto. Lo scontro tra i quattro poliziotti e il giovane diventa molto violento (durante la collutazione due manganelli si spezzano) e porta quest'ultimo alla morte, sopraggiunta per "asfissia da posizione", con il torace schiacciato sull'asfalto dalle ginocchia dei poliziotti.
Alle 6.04 la prima pattuglia richiedeva alla propria centrale operativa l'invio di un'ambulanza del 118, per un sopraggiunto malore. Secondo i tabulati dell'intervento, alle 6.10 arrivò la chiamata da parte del 113 a Ferrara Soccorso, che inviò sul posto un'ambulanza ed un'automedica, giunte sul posto rispettivamente alle 6.15 ed alle 6.18.
All'arrivo sul posto il personale del 118 trovava il paziente “riverso a terra, prono con le mani ammanettate dietro la schiena [...] era incosciente e non rispondeva”. L'intervento si concluse, dopo numerosi tentativi di rianimazione cardiopolmonare, con la constatazione sul posto della morte del giovane, per “arresto cardio-respiratorio e trauma cranico-facciale”.

L’ITER PROCESSUALE - Il 15 marzo 2006 arrivò la notizia dell'iscrizione nel registro degli indagati dei quattro agenti che avevano proceduto all'arresto di Aldrovandi per omicidio colposo. L'avviso di garanzia venne notificato loro il 6 aprile 2006. Il 16 giugno 2006 si tenne il primo incidente probatorio di fronte al giudice per le indagini preliminari, fra la famiglia della vittima, i quattro imputati ed una testimone oculare dell'accaduto, la camerunense Annie Marie Tsagueu. La Tsagueu, residente in viale Ippodromo, è l'unica testimone ad aver visto e sentito distintamente alcune fasi della colluttazione. Ha visto gli agenti (due su quattro) picchiare Federico Aldrovandi, comprimerlo sull'asfalto e manganellarlo. Ha inoltre sentito le sue grida di aiuto e lo ha sentito respirare tra un conato di vomito e l'altro.
Dall'incidente probatorio emersero tra le altre una lunga escoriazione alla natica sinistra, segno di trascinamento sull'asfalto, ed un importante schiacciamento dei testicoli. Nel frattempo venne disposta una perizia super-partes, con un incarico affidato all'"Istituto di Medicina Legale di Torino".
Dalle indagini nel frattempo emergevano vari elementi incoerenti: come il fatto che il PM non fosse andato a compiere un sopralluogo sulla scena del decesso; che non fosse stata sequestrata l'automobile su cui, a detta degli agenti, si sarebbe ferito Aldrovandi; che non fossero stati sequestrati i manganelli, di cui due rotti, come confermato dall'onorevole Carlo Giovanardi in corso di interrogazione parlamentare; ed infine che il nastro contenente le comunicazioni fra il 113 e la pattuglia fosse stato messo a disposizione della Procura soltanto molto tempo dopo. Per questi motivi venne aperta una seconda inchiesta presso la Procura di Ferrara, per vari reati, tra cui falso, omissione e mancata trasmissione di atti.
L'11 novembre 2006 venne depositata la perizia eseguita a Torino, in cui veniva escluso categoricamente un nesso fra la morte e le sostanze psicotrope assunte da Aldrovandi, e secondo la quale la causa del decesso è da attribuirsi ad una morte improvvisa per insufficienza funzionale cardio-respiratoria, definita dagli autori anglosassoni come "excited delirium syndrome". Dalla discussione delle perizia, avvenuta il 14 dicembre 2006, emerse un ruolo attivo delle persone che erano con Aldrovandi.
Il 10 gennaio 2007 venivano formalmente rinviati a giudizio, per omicidio colposo, gli agenti Paolo Forlani, Monica Segatto, Enzo Pontani e Luca Pollastri, per aver ecceduto i limiti dell'adempimento di un dovere, per aver procrastinato la violenza anche dopo aver vinto la resistenza del giovane e per aver ritardato l'intervento dell'ambulanza. Dopo le procedure di istruzione del processo la prima udienza venne fissata per l'ottobre 2007. All'inizio di febbraio 2008 viene mostrato un filmato di dieci minuti, girato dalla polizia scientifica sul luogo dell'evento, dopo la partenza dell'ambulanza e prima dell'arrivo del medico legale, in cui gli agenti presenti sul posto scambiano considerazioni sull'accaduto. Nel video emergerebbero preoccupanti divergenze con le foto scattate dal medico legale.

LA DIFESA - Il 26 giugno 2007 vengono per la prima volta interrogati durante il processo i quattro imputati, i quali si dichiarano stupiti della morte della vittima, che "stava benissimo prima dell'arrivo dei sanitari", mentre la registrazione della centrale operativa riporta chiaramente: "... l'abbiamo bastonato di brutto. Adesso è svenuto, non so... È mezzo morto". Gli agenti raccontarono che i due sfollagente si sarebbero rotti per un calcio di Aldrovandi e per una caduta accidentale di un poliziotto. Sempre secondo la deposizione, l'ambulanza fu chiamata immediatamente, mentre non fu utilizzato il defibrillatore automatico di cui era dotata la volante poiché Aldrovandi non aveva "mai dato segni di sofferenza".
Il 10 ottobre 2008 i periti della difesa fornirono una versione opposta alle perizie di parte civile, ribadendo la rilevanza delle sostanze assunte dal giovane, in quantità sufficienti a causarne la morte, ed escludendo che la colluttazione o il mantenimento della posizione prona abbiano "avuto effetto nel processo che ha portato alla morte del ragazzo". Sommando gli effetti analgesici delle droghe si sarebbe compreso come il ragazzo avesse potuto ferirsi ripetutamente senza sentire dolore. L'agitazione psicomotoria "intensissima [...] ha innescato un meccanismo che ha portato a perdere il controllo del cervello e quindi a non rendersi conto del fabbisogno di ossigeno che il suo organismo richiedeva", cosa che sarebbe dipesa "dall'assunzione delle droghe, indipendentemente dalle quantità ingerite". Nemmeno il mettere la vittima in posizione seduta, conclusero i periti, le avrebbe salvato la vita, in assenza di una specifica terapia d'urgenza.
Secondo una nuova perizia di parte civile del 6 novembre 2008 venne invece riportato che "alla base del cuore, lungo l’efflusso ventricolare sinistro, in particolare in corrispondenza del setto membranoso situato fra cuspide aortica non coronarica e coronarica destra, si osserva un cospicuo ematoma. Questa è la sede del fascio di His [...]. Il coinvolgimento del fascio di His da parte dell’ematoma è vistoso e con grande verosimiglianza è di origina traumatica [...] oppure ipossico da insufficienza respiratoria prolungata". La perizia conclude che "con probabilità molto elevata questa complicanza è stata la causa di morte". Il 9 gennaio 2009 il perito di parte venne sentito in udienza, il quale concluse affermando la morte per causa violenta di Aldrovandi.

LA SENTENZA DEFINITIVA - Il 21 giugno 2012 la corte di cassazione ha reso definitiva la condanna a 3 anni e 6 mesi di reclusione per omicidio colposo di Federico Aldrovandi ai quattro poliziotti Paolo Forlani, Monica Segatto, Enzo Pontani e Luca Pollastri. In particolare la quarta sezione penale ha respinto il ricorso presentato dalla difesa dei quattro agenti contro la condanna che era già stata emessa dalla Corte d'Appello di Bologna. I poliziotti non rischiano però il carcere visto che 3 anni sono coperti dall'indulto. Tuttavia, dopo la condanna definitiva, scatteranno i provvedimenti disciplinari.
Per Amnesty International si è trattato di "un lungo e tormentato percorso di ricerca della verità e della giustizia. Solidarietà e vicinanza ai familiari di Federico Aldrovandi, che in questi anni hanno dovuto fronteggiare assenza di collaborazione da parte delle istituzioni italiane e depistaggi dell'inchiesta".
In cassazione i famigliari di Federico Aldrovandi non si sono costituiti parte civile dopo aver raggiunto una transazione con il ministero dell'Interno e dopo aver ricevuto le scuse del capo della Polizia Antonio Manganelli che ha incontrato i genitori del giovane durante una visita privata.

L’OFFESA SU FB - «Che faccia da c... aveva sul tg, una falsa e ipocrita, spero che i soldi che ha avuto ingiustamente (2 milioni di euro, risarciti dal ministero degli interni alla famiglia Aldrovandi, ndr) possa non goderseli come vorrebbe, adesso non sto più zitto dico quello che penso e scarico la rabbia di sette anni di ingiustizie». Sono le parole di Paolo Forlani (GUARDA), uno dei 4 agenti condannati in via definitiva a 3 anni e sei mesi per la morte di Federico Aldrovandi. L'agente ha scritto nei giorni scorsi sulla bacheca del gruppo Facebook «Prima Difesa», amministrato da Simona Cenni e che «tutela gratuitamente per cause di servizio tutti gli appartenenti alle Forze dell'Ordine e Forze Armate». Un gruppo a cui risulta iscritta anche la campionessa olimpica Valentina Vezzali.
Le dichiarazioni dell'agente, riportate dall'Ansa (e poi rimosse dal social network) erano state postate dopo l'intervento del presidente del gruppo, che commentava un'intervista a Patrizia Moretti, la madre del ragazzo morto nel settembre 2005 a Ferrara: «Avete sentito la mamma di Aldrovandi - aveva scritto Cenni - fermate questo scempio per dio… vuole che i 4 poliziotti vadano in carcere… io sono una bestiaaaaa». Tra i commenti, oltre a quello del poliziotto condannato, c'è qualcuno che paragona Federico a un «cucciolo di maiale». Poi l'intervento di Forlani: «Vedete gente - scrive - non puoi fare 30 anni questo lavoro ed essere additato come assassino solo perchè qualcuno è riuscito a distorcere la verità, io sfido chiunque a leggere gli atti e trovare un verbale dove dice che Federico è morto per le lesioni che ha subito...ma noi paghiamo per le colpe di una famiglia che pur sapendo dei problemi del proprio figlio non ha fatto niente per aiutarlo, mi fa incazzare un pochino e stiamo pagando per gli errori dei genitori, massimo rispetto per Federico ma mi dispiace, noi non lo abbiamo ucciso...».

Nel giorno di quello che sarebbe stato il suo 25mo compleanno, la madre di Federico, Patrizia Moretti, dopo la petizione per espellere dalla polizia i poliziotti condannati per l’omicidio colposo di Aldrovandi, ha lanciato una nuova iniziativa: una petizione al fine di far adottare in Italia una legge contro la tortura”. Per firmare: www.avaaz.org/it/italy_against_torture_patrizia/
Già decine di migliaia le adesioni raccolte, tra cui quelle di diversi parlamentari. L’obiettivo minimo è di arrivare a 100mila.

1 commento:

  1. C'è poco da commentare. Io credo alle perizie e all'autopsia altrimenti vuol dire che i dottori non sanno più fare il proprio lavoro. L'autopsia non può sbagliare. E' l unico strumento valido per verificare un decesso che in questo caso dice che Aldrovandi è morto per lesioni multiple sia respiratorie che da ematomi e non se le è fatte sicuramente da solo. Per cui la condanna ai 4 agenti è inequivocabile. E per condanna intendo radiazione a vita da qualunque organo di polizia e carcere immediato.

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