martedì 27 maggio 2014

ELEZIONI EUROPEE: STRAVINCE RENZI, FLESSIONE PER GRILLO, BERLUSCONI MANCA LA RISALITA

DIETRO DI LORO IL VUOTO, CON LA LEGA CHE RECUPERA QUALCHE VOTO, TSIPRAS E NCD PRENDONO QUALCHE SEGGIO

E così, anche a questo giro le tanto attese, accese e discusse elezioni europee sono terminate. Fortunatamente aggiungerei, visto che la campagna elettorale in Tv è stata estenuante e a tratti anche ridicola e scadente. Del resto non poteva essere altrimenti, visto che i tre leader dei partiti principali puntano tutto sulla comunicazione. Non sono mancate le sorprese a livello nazionale, mentre a livello europeo complessivamente avanzano gli euroscettici, ma i filo-europeisti detengono ancora la netta maggioranza.

E’ LA VITTORIA DI RENZI – E’ stata sicuramente la vittoria di Matteo Renzi, che ha portato il Partito democratico a un successo mai conosciuto dalla sinistra: il 40,8% dei voti. Sebbene, ormai, parlare di sinistra da quelle parti è fuori luogo. L’ex Sindaco di Firenze ha senza dubbio intercettato diversi voti che prima andavano al Cavaliere, ma anche qualche preferenza andata lo scorso anno a Grillo (un 3%). Laddove aveva fallito lo scorso anno Pierluigi Bersani, è riuscito lui. Riducendo i voti del Cavaliere alla stretta cerchia dei fedelissimi e facendo recuperare al Pd qualche voto finito al M5S. D’altronde il voto di ieri conferma quanto il popolo italiano si innamori facilmente del leader politico di turno apparentemente iperattivo e risolutore, carismatico, effusore di speranze e illusioni: Mussolini, Craxi, Berlusconi, Grillo e ora, appunto, Renzi.
Le preferenze raccolte sono anche un voto di fiducia al Governo che guida, che dopo queste elezioni si sente più scuro del proprio operato e del percorso da intraprendere. Sebbene i suoi alleati siano quasi evaporati, ad eccezione di Ncd e Udc, comunque “partiti nani” (poco più del 4%).

FLESSIONE PER GRILLO – Qualcuno parla di sconfitta e di flop, forse esagerando. Il Movimento cinque stelle ha fatto registrare una flessione di quasi 4 punti rispetto alle scorse politiche (dal 25% al 21). Certo, ha deluso le aspettative di quanti credevano in un nuovo boom e forse è stato anche bocciato da migliaia di elettori delusi da questo primo anno in Parlamento.
Questa volta non ha funzionato del tutto il tour in giro per l’Italia del comico genovese, che in una Piazza parlava bene degli ultras e in un’altra della polizia; ora parlava di “peste rossa”, ora parlava di essere l’erede di Berlinguer. Una campagna elettorale molto più populista di quella dello scorso anno, quando, al contrario, doveva essere più concreta e “istituzionalizzata”. I “Vaffa” ora devono essere messi da parte.

AL CAVALIERE NON RIESCE L’IMPRESA – Nonostante una campagna elettorale estenuante di due mesi su tutte le reti televisive e via telefonica in tutti i comizi di Forza Italia, a Berlusconi non è riuscita l’impresa dello scorso anno; conservando così lo zoccolo duro del suo elettorato. Certo, alcuni voti sono andati agli scissionisti del Nuovo centrodestra che lo scorso anno non c’erano, ma diversi sono andati a Renzi. Il Cavaliere ha fatto quello che poteva, considerando anche le restrizioni giudiziarie. Ma i suoi soliti discorsi sulla Magistratura, sulla sinistra liberticida, sul Golpe delle Borse, non sono serviti per attirare nuovi elettori.
Si conferma comunque ancora il Lìder maximo del centrodestra, con la Lega che ha recuperato qualche voto grazie alla figura di Matteo Salvini (6,16%); la mini coalizione Ncd-Udc se l’è cavata per un pelo attestandosi al 4,38%; mentre a Fratelli d'Italia non è bastato l’aver ripescato il vecchio simbolo di AN, totalizzando un 3,66%.

GLI ALTRI – Ce la fa per un pelo L’Altra Europa con Tsipras, prendendo un 4,03%, mentre in Grecia il partito del leader greco è risultato il primo partito attestandosi tra il 26 e il 28 per cento delle preferenze. Sparita ormai Scelta civica, che presentatasi insieme a Centro democratico e Fare, si è attestato su un misero 0,7%. Evaporata anche l’Italia dei valori, che dall’8% dello scorso anno ora ha ottenuto lo 0,66% delle preferenze. Spariti pure i Verdi, che non sono arrivati all’1%.

COME SI DELINEA L’EUROPARLAMENTO - A livello europeo invece si è verificata una forte avanzata degli euroscettici un po’ ovunque, eccetto in Germania dove la Merkel (che incarna l’Europa così com’è oggi) ha comunque retto, scendendo comunque al 36% (un -7 rispetto alle recenti politiche). Ma come cambia il Parlamento europeo in termini di seggi?
Al contrario di quanto si possa pensare, non sarà ingovernabile. Partendo dai filo-europeisti, vediamo il Ppe che rimane il primo partito con 212 seggi (28,2%), seguito dal Pse con 186 (24,7%), dai liberaldemocratici con 70 scranni (9, 3%), i verdi con 55 seggi (7,3%). Dunque una maggioranza solida e stabile è garantita.
Veniamo alle altre forze più polemiche con l’Unione europea. I Conservatori e riformisti europei di cui fanno parte tra gli altri i "Tories" britannici e il polacco Legge e Giustizia, si piazzano quinti con 44 seggi (5,8%). Il gruppo della Sinistra unita (cui aderisce la lista Tsipras) avrà 43 seggi (5,73%).
Poi ci sono i tanto temuti euroscettici e anti-euro: il partito più strutturato è costituito dal Gruppo Europa della libertà e della democrazia di cui fa parte l'Ukip del britannico Nigel
Farage, diventato il primo partito nel Regno Unito con 36 seggi (4,7%). Nel gruppo dei "non
iscritti" che conta 38 seggi (5%) figurano il Fronte Nazionale di Marine le Pen che è diventato addirittura il primo partito in Francia, mettendo nei guai il già barcollante Hollande: la Lega, i partiti di destra l’austriaco Fpo e l’olandese Pvv di Geert Wilders.
Infine ci sono gli “Altri”, al primo accesso nell’europarlamento: il Movimento 5 Stelle, gli
anti-euro di Alleanza per la Germania, i neonazisti greci di Alba Dorata, che in totale occupano 67 seggi (8,92%).


Insomma, la presenza di formazioni politiche non allineate e oppositrici c’è e sarà anche insidiosa. Ma una maggioranza filo-europeista ha comunque retto. In generale, comunque, non si può ignorare il fatto che tutti i Paesi abbiano mandato in Europa, ove più, ove meno, partiti anti-euro. Pertanto, una riflessione e un cambio di rotta si rende obbligatorio, per evitare, tra cinque anni, risultati ancora più allarmanti.

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