mercoledì 12 gennaio 2011

TERRONI, UN’ALTRA VERITA’ SULL’UNITA’ D’ITALIA

Centocinquant’anni e non dimostrarli. Perché forse non è mai davvero nata. Parlo della nostra Italia, quella che quest’anno ha cominciato a celebrare i centocinquanta anni passati dall’Unità d’Italia del 1861. Ma siamo davvero una Nazione? Lo siamo mai diventati una Patria?



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LA RETORICA DELLA POLITICA - Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano predica patriottismo, cerca di seminare nel cuore degli italiani un sentimento che non è mai davvero fiorito. Come quando si cerca di seminare rose in un campo arido. Noi italiani ricordiamo di essere tali solo quando gioca la nazionale di calcio o di qualsiasi altro sport di cui siamo appassionati.
Celebrazioni stanche sono già iniziate, con la prima svoltasi a Reggio Emilia il 7 gennaio e tante altre ci saranno nel corso di quest’anno. I politici si sentono tutti nazionalisti, eccetto la Lega, che meno ipocritamente afferma «se non si fa il federalismo, noi non festeggiamo». Hanno così torto?

L’ARRICCHIMENTO DEL NORD AI DANNI DEL SUD - L’Italia pre-unitaria era un insieme di stati e regni, e l’Italia post-unitaria doveva mantenere questo spirito. Un po’ come ipotizzava Carlo Cattaneo: un’Italia federale, con ogni territorio che avrebbe mantenuto una certa autonomia politica e finanziaria. Ma i maneggioni che hanno voluto l’Unità per un proprio tornaconto finanziario prima che politico, hanno preferito che la nostra Repubblica diventasse romano-centrica; e che al Nord giungessero le ricchezze del sud all’indomani della vittoria dei Savoia nel Meridione grazie a quei Mille guidati da Garibaldi. Poi scartato perché non serviva più e perché forse era diventato scomodo.
Il sud è stato sempre trattato secondo convenienza del centro-nord. Lasciato territorio povero, agricolo e analfabeta fino alla seconda guerra mondiale - vanificando così i pur pochi progressi e i vanti dell’epoca borbonica – dal dopoguerra sono piovuti soldi in modo indiscriminato, facendo arricchire pochi amministratori locali al potere e lasciando molte opere incomplete o mai avviate.
Il tutto appannaggio anche delle criminalità organizzate; le quali hanno avuto pieno controllo delle zone del sud dietro disinteresse, ma soprattutto proprio tornaconto, dei potenti del centro-nord.
Già, il Nord. Quello che si vanta di essere laborioso e rigoroso. Quello del “Roma ladrona” e dei “Terroni arretrati”. Quello che ha lasciato il sud nell’arretratezza, nella povertà e nell’ignoranza, solo per salvare il Regno di Savoia ormai destinato al fallimento. Tutto ciò ci è raccontato dal libro di Pino Aprile, “Terroni”, da marzo 2010 nelle librerie e soggetto a più ristampe.

IL LIBRO “TERRONI” DI PINO APRILE - Chi è Pino Aprile? Giornalista e scrittore pugliese, residente ai Castelli Romani, ha trascorso diversi anni a Milano. È stato vicedirettore di Oggi e direttore di Gente; per la Tv ha lavorato con Sergio Zavoli all’inchiesta a puntate “Viaggio nel Sud” e al settimanale di approfondimento del Tg1, Tv7.
Per Piemme ha scritto “Il trionfo dell’Apparenza”, sul deludente esordio del terzo millennio; “Elogio dell’imbecille” e “Elogio dell’errore”, accolti con successo e tradotti in molti paesi, adottati perfino in alcuni corsi universitari di management. In Spagna, “Elogio dell’imbecille” è stato anche a lungo in testa alle classifiche.
Ma veniamo a “Terroni”. Attraverso 308 pagine che scorrono come un fiume in piena che travolge il lettore, l’opera ci fa conoscere ciò che i libri di storia scolastici non ci hanno detto sull’Unità d’Italia: cosa ha mosso quella guerra, di cosa si sono resi protagonisti i famigerati “liberatori” ed eroi patriottici, di cosa è stato privato il sud, come se la passa oggi il Meridione.

Il tutto documentato da scartoffie mai rivelate per ragioni di comodo o testimonianze di persone che quei momenti li hanno vissuti sulla propria pelle. Si verrà così a conoscenza che Vittorio Emanuele volle quella guerra perché il suo Regno era in deficit e così, defraudando le ricchezze del Regno delle due Sicilie, si sarebbe salvato dal collasso. Si verrà a conoscenza di stupri per opera dei settentrionali alle nostre donne; uccisioni di poveri contadini inermi o fanciulli indifesi; si verrà a conoscenza delle case distrutte, delle deportazioni, delle leggi speciali, delle pene di morte facili, dello shock che alcuni stessi militari settentrionali hanno provato per aver visto ingiustizie coi propri occhi.
Qualche riferimento a oggi pure c’è. Come l’incompiuta “Salerno-Reggio Calabria”, l’autostrada incubo per i vacanzieri d’estate e fonte di voti e guadagni per politici e criminalità organizzate.
Aprile si pone infine una domanda: «se centocinquant’anni non sono stati sufficienti a risolvere il problema, vuol dire che non si è voluto risolverlo. Le due Germanie, pur divise da una diversa visione del futuro, dalla Guerra Fredda e da un muro, in vent’anni sono tornate una. Perché da noi non è successo?».

Una divisione che fa ancora comodo. Un “divide et impera” che favorisce la Casta, la quale continua ad arricchirsi; mentre noi continuiamo a gridare “Forza Italia!” solo quando c’è una partita di calcio della Nazionale. Anzi, per colpa di qualcuno, siamo stati privati anche di questo.

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