venerdì 15 luglio 2011

NUOVI GUAI GIUDIZIARI PER LUIGI CESARO


IL NOME DEL PRESIDENTE DELLA PROVINCIA DI NAPOLI E’ EMERSO NUOVAMENTE NELLA CRONACA GIUDIZIARIA RELATIVA AL CLAN DEI CASALESI

E’ Presidente della Provincia di Napoli, ma in pochi lo sanno. Forse solo coloro che più si interessano alla cronaca giudiziaria. Ma in fondo non è neanche colpa sua se rappresenta un Ente locale ritenuto dai più inutile, ma che nella pratica quasi nessun partito intende affossare davvero. Parliamo di Luigi Cesaro, il cui nome è nuovamente stato accostato a personaggi legati alla Camorra.
L’ultima inchiesta in cui è coinvolto è svelata in esclusiva da Il Mattino, mediante una serie di articoli a firma di Rosaria Capacchione, giornalista costretta a vivere sotto scorta per i suoi articoli di cronaca giudiziaria e i suoi libri dedicati al clan dei Casalesi. I quali, infastiditi, non hanno perso tempo per farglielo notare. Ma lei – e l’articolo di cui parliamo ne è l’ultima prova – non ci sta certo a scemare il proprio impegno.
 

I FATTI - Il dettaglio è contenuto in un verbale d’interrogatorio, in una ventina delle oltre trecento pagine nelle quali Michele Santonastaso - penalista accusato di associazione camorristica e detenuto da dieci mesi - difende se stesso e rilancia. Parla della sua carriera di avvocato, di colleghi già indagati e di altri estranei a qualsiasi inchiesta giudiziaria.
Soprattutto, ricostruisce l’antefatto del primo, timido e subito abortito, avvio di pentimento di Luigi Guida, camorrista della Sanità che Francesco Bidognetti da Casal di Principe aveva cooptato nel suo clan fino a farlo diventare reggente. Antefatto che porta la data dell’autunno del 2006 ma che proietta un’ombra lunga su indagini ancora in corso e su una prevedibile bufera giudiziaria che potrebbe toccare amministratori comunali (dell’agro aversano) e il presidente della Provincia di Napoli, sul quale già pesa il coinvolgimento, sia pure indiretto, nelle vicende politiche e criminali di Quarto collegate alle attività del clan Polverino.
Luigi Cesaro, infatti, insieme agli altri, è coinvolto in un’inchiesta della Dda di Napoli ed è iscritto nel registro degli indagati per reati di camorra. È stato depositato in forma integrale nel processo a carico di Carmine D’Aniello, penalista arrestato nella primavera dello scorso anno per associazione camorristica, con l’accusa di aver abusato del suo mandato per favorire il boss casalese Francesco Bidognetti. Questa mattina Michele Santonastaso comparirà in aula (I sezione penale, presidente Raffaello Magi), a Santa Maria Capua Vetere, nella veste di testimone citato dalla difesa del collega. Se risponderà, sarà certamente chiamato a rendere conto di quell’antefatto raccontato ai pm Antonello Ardituro, Francesco Curcio e Alessandro Milita.
Le dichiarazioni di Luigi Guida, in merito a Cesaro, sono comunque ancora parzialmente segrete. Quelle depositate in altri procedimenti risultano ancora coperte da omissis.
Il Presidente della Provincia sarebbe coinvolto in un business del mattone e della trasformazione dei suoli agricoli e industriali in edificabili. Nell’obiettivo degli investigatori, oltre alla speculazione da 50 milioni di euro a Lusciano, sull’area Pip, c’è anche la dismissione della Texas Instruments di Aversa: operazione alla quale aveva fatto cenno, già nel 2008, il collaboratore di giustizia Gaetano Vassallo, ma oggetto anche di denunce (in sede politica e giudiziaria) da parte dei sindacati dei lavoratori estromessi dal circuito produttivo in seguito alle vendite successive dello stabilimento a società che hanno progressivamente svuotato le unità produttive.

IL SUO NOME AFFIANCATO GIA’ AL CLAN DI CUTOLO - Luigi Cesaro ha già detto che chiarirà tutto. Certo, sono quasi trent’anni che il suo nome viene affiancato a personaggi legati alla Camorra. E anche di un certo spessore.
Come ricostruì molto bene l’Espresso, Giggin a’ purpett - come viene simpaticamente chiamato dagli amici (di tutti i tipi) – fu già arrestato nel 1984, nell'ambito di un blitz contro, nientepopodimenoche la Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo. Cesaro fu condannato nel 1985 dal Tribunale di Napoli a 5 anni di reclusione, per aver stretto amicizia con tutti i grossi esponenti dell'organizzazione mafiosa, fornendo - come affermavano vari pentiti del sodalizio criminale - mezzi, abitazioni per favorire la latitanza di alcuni membri, e dazioni di danaro. Il verdetto fu ribaltato in sede d'appello nell'aprile 1986, quando Cesaro venne assolto per insufficienza di prove; decisione confermata dalla Corte di Cassazione (presieduta dal giudice Corrado Carnevale) per non aver commesso il fatto.
Ma, come ha raccontato Pappaianni nella sua inchiesta per L’Espresso, nonostante Cesaro sia stato scagionato dalle accuse, gli stessi giudici che lo hanno assolto hanno stigmatizzano il preoccupante quadro probatorio a suo carico. Era stato lo stesso Cesaro, infatti, a confermare in aula i suoi rapporti stretti con i vertici della NCO - incluso don Raffaele Cutolo - quando ha raccontato di una "raccomandazione" chiesta a Rosetta Cutolo, sorella del boss, per far cessare le richieste estorsive di Pasquale Scotti, personaggio tuttora ricercato ed inserito nell'elenco dei trenta latitanti più pericolosi d'Italia.
I suoi guai con la giustizia erano però appena agli inizi. In fondo all’epoca era poco più che trentenne e l’esordio fu di tutto rispetto. A fine anni '80 Cesaro è assessore comunale al bilancio per il comune di Sant'Antimo, sua terra natia che oggi “bagna” con fondi a pioggia per attività di dubbia utilità da Presidente della Provincia di Napoli.
Nel 1988, sfuggì all'arresto a seguito di indagini della Magistratura, in merito a truffe ai danni dello Stato perpetrate dalla giunta comunale in accordo con le consorterie criminali locali.
Nel 1991, a seguito dello scioglimento del Comune di Sant'Antimo per infiltrazioni di stampo camorristico, si accertarono suoi coinvolgimenti unitamente ai fratelli Aniello e Raffaele. In una nota dei Carabinieri di Napoli (n. 0258456/1 del 27 ottobre 1991) si legge che “Cesaro Luigi, nato a Sant’Antimio, avvocato non praticante, assessore alla provincia di Napoli eletto nelle liste del Psi, (…) risulta di cattiva condotta morale e civile (…) In pubblico gode di scarsa stima e considerazione. E’ solito associarsi a pregiudicati di spicco della malavita organizzata operante a Sant’Antimo e dintorni”.

LA CARRIERA POLITICA - La sua carriera politica non venne certo frenata dai suoi reiterati coinvolgimenti giudiziari. Nel 1990 si candida nelle liste del Partito Socialista Italiano, diventando consigliere provinciale a Napoli. Nel 1994 passa come tanti socialisti a Forza Italia. Nel 1995 viene rieletto consigliere provinciale, mentre nel 1996 diviene Deputato ed eurodeputato di Forza Italia e PDL. Di qui viene continuamente rieletto alla Camera.
Nel 2009, forse provando nostalgia per le proprie radici, si candida a Presidente della Provincia di Napoli, raccogliendo il 58,3% dei voti in rappresentanza di una coalizione di centrodestra (PDL, MPA, Nuovo Psi, Popolari Udeur, Alleanza di Centro, Italiani nel Mondo, Centro per la Libertà - Noi Consumatori, e Lista Cesaro). Nell’assegnazione degli assessorati ha avuto anche il cuore tenero: ha nominato di fatti il suo autista, Armando Cascio, assessore al bilancio e risorse strategiche, e Giovanna Del Giudice, ex assistente del TG4 di Emilio Fede, assessore alle pari opportunità.

LE NUOVE INDAGINI A PARTIRE DAL 2008 - Oltre alla nostalgia per la sua Sant’Antimo, negli ultimi anni Cesaro ne ha nutrita anche per le aule dei tribunali. Nel settembre 2008, infatti, il collaboratore di giustizia Gaetano Vassallo indica in Luigi Cesaro "un fiduciario del clan Bidognetti", nell'ambito del maxi-processo per lo scandalo dei rifiuti in Campania, ed afferma inoltre: "Mi spiegarono che Luigi Cesaro doveva iniziare i lavori presso la Texas di Aversa e che in quell'occasione si era quantificata la mazzetta che il Cesaro doveva pagare al clan. Inoltre gli stessi avevano parlato con il Cesaro per la spartizione degli utili e dei capannoni che si dovevano costruire a Lusciano attraverso la ditta del Cesaro sponsorizzata dal clan Bidognetti".
In un'intervista rilasciata al quotidiano Il Giornale, Cesaro afferma la sua estraneità ai fatti contestatigli nelle indagini sugli intrecci tra camorra e amministrazioni nell'affare rifiuti.

Il nostro codice penale, basato sulla Presunzione di innocenza, ci dice che un imputato è innocente fino a prova contraria. E ciò vale ovviamente anche per Cesaro. Dunque aspettiamo una sentenza definitiva, anzi, varie sentenze definitive per ogni processo che lo vede indagato. E magari auspichiamoci pure la soppressione delle Province. Come si dice, due piccioni con una fava…


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